13 marzo 2006

Olmert "disperato"

Da "La Stampa del 11/3/2006 Sezione: Esteri Pag. 11.

«Israele chiama “pace” l’intenzione
di Fiamma Nirenstein

GERUSALEMME
È frutto di un misto di disperazione e di speranza la promessa di Ehud Olmert di arrivare a disegnare i confini permanenti per Israele da qui ai prossimi quattro anni. Disperazione, perché contiene l’idea che sia perduta, almeno per ora la possibilità di avere un partner per la pace da quando Hamas ha vinto le elezioni palestinesi. Speranza, perché conserva pur tuttavia un profumo di pace l’idea che i palestinesi possano accettare spazi larghi e contigui, anche se non quelli del ’67, in cui costruire indipendenza e Stato.

I passi recenti dei Olmert dettati dalla "disperazione":

- annessione della vasta area già mangiata dal muro di sicurezza;

- annessione della riva destra del fiume Giordano;

- ampilamento di 3500 abitazioni del grande insediamento ONU-abusivo di Maale Adumim che presto taglierà in due la West Bank;

- frantumazione a colpi di muro della comunità palestinese di Gerusalemme, rea di poter essere un pericoloso fardello democratico per l'auspicata nuova capitale di Israele.

mi sento di commentare che tutto ciò non ha il sapore di "disperazione", quanto piuttosto quello della supponenza di chi vuole tagliare qualsiasi dialogo a priori; l'ipocrita "speranza" che la giornalista italiana cita, non è mai apparsa sulle labbra del primo ministro israeliano. Ma forse mi sbaglio.
L'articolo prosegue...
Olmert dice che cambierà il percorso del recinto di difesa, che al di là non resterà neppure un israeliano, che in sostanza continuare ad occupare zone in cui la presenza demografica palestinese ha peso, costa moralmente, internazionalmente, economicamente. Olmert pensa che il modo di farlo sia ritirarsi, dopo Gaza, dai grandi pezzi della Giudea e della Samaria in cui vivono i palestinesi, e tenersi le zone in cui esistono grandi nuclei ebraici. Il sogno di Olmert, che poi è quello di Sharon velocizzato e drammatizzato in vista delle prossime elezioni del 28 marzo, ha sulla sua strada molti ostacoli. Il primo lo ha subito segnalato con una dichiarazione infuriata Khaled Mashaal il grande capo di Hamas, quello che risiede a Damasco: «Questo non è un piano di pace, ma una dichiarazione di guerra che darà a Israele la possibilità di tenersi una grande parte del territorio della Cisgiordania e di Gerusalemme e che ritarderà il diritto al ritorno (dei profughi del ‘48 e discendenti ndr)». Ma Mashaal sa bene che Israele, già trovatosi di fronte alla vittoria a sorpresa di un nemico irriducibile che ha fatto di Gaza una rampa di lancio per missili Kassam, e che considera i Territori una zona franca di rapporti molto attivi con l’Iran e la Siria, ha intenzione di gestire con cautela ulteriori ritiri territoriali. Tuttavia, Olmert viene rappresentato negli spot televisivi elettorali del Likud come uno struzzo che nasconde la testa nella sabbia: Hamas vuole distruggere Israele, e Kadima gli regala territorio e denari, esclama il partito di Netanyahu. Ma tutti sanno che le zone dell'aeroporto, di Gerusalemme, delle grandi città costiere come Haifa o Acco possono diventare bersagli quotidiani come Ashdod o Ashlelon, disgraziate città vicine a Gaza, dei missili Kassam (anche ieri ne è piovuto uno). Quindi, Olmert cercherà di tracciare la separazione in modo che non diventi un suicidio. La scelta storica è molto delicata: separarsi, senza suicidarsi. E quindi non ha nessuna intenzione, come del resto non l’avevano Sharon, Rabin e Barak, di consentire il ritorno dei profughi e dei loro discendenti che creerebbero un assalto demografico destinato a distruggere la maggioranza ebraica. La sua idea è che il confine debba correre lungo un’effettiva linea di separazione demografica dai palestinesi lasciando interi i blocchi di difesa del centro, per difendere Gerusalemme e il centro di Israele da attacchi palestinesi e internazionali. Il Giordano, dice Olmert resterà il confine di Israele, ma per ora non parla della Valle del Giordano.
[lo ha fatto invece il #5 di Kadima, Avi Dichter, ndr]
Su Gerusalemme, da una parte dice di volerla conservare intera, ma dall’altra di fatto già accenna alla possibilità di lasciar perdere i quartieri arabi che di fatto costituirebbero un pericolo per la capitale. Olmert cerca una linea pratica per ritirarsi. Le grandi unità di Maale Adumim, del Gush Etzion e della zona di Ariel sarebbero dentro il confine. Gerusalemme protetta, ma non biblicamente santificata. La destra è in fiamme, e anche la sinistra: la seconda, perché piamente quanto astrattamente immagina che si debba cercare un partner per concordare il ritiro. Olmert risponde che sarebbe bello, ma che Abu Mazen ormai è prigioniero di Hamas. E la destra dice che Israele consegna mani e piedi a Hamas una vasta zona in cui si prepareranno attentati continui. Ognuno ha le sue obiezioni, ma per ora la posizione di Olmert sembra bene accetta dagli israeliani: Kadima è sceso di un seggio, ma è sempre largamente preferito.


Ma vediamo in sintesi come Fiamma Nirenstein stila il suo pezzo...

gli "irriducibili" palestinesi si "scatenano", "bersagliano le città costiere", si "infuriano", "imprigionano Abu Mazen" e (sic) minacciano di "assaltare demograficamente" Israele.

Olmert "sogna", "nutre speranze", "evita il suicidio" e, come apice della violenza, "lascia perdere" i quartieri arabi di Gerusalemme.

Insomma... un pezzo di "sano" giornalismo.

1 Commenti:

Anonymous Anonimo ha scritto...

A stretch mагk is sегiously a ѕcarring that hаppеns when thе skіn thаt stretches beyond its cаρacity.


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16:14  

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