21 marzo 2007

Vita quotidiana a Nablus


Dello splendore di un tempo poco o nulla rimane a Nablus, città-prigione dalla quale per uscire serve un permesso delle forze di occupazione israeliane, anche solo per recarsi in un villaggio vicino. Dai posti di blocco all'ingresso sud della città, dove quotidianamente centinaia, talvolta migliaia, di palestinesi si affollano per i controlli, si scorgono le automobili dei coloni israeliani, liberi di muoversi come meglio credono nella terra che occupano illegalmente, incuranti delle risoluzioni internazionali.
La «Perla del nord» (190 mila abitanti), la città ritenuta il motore dell'economia palestinese in Cisgiordania, ormai non riesce più a nutrire gran parte dei suoi abitanti
I negozi aperti sono pochi, tante le saracinesche abbassate, da mesi se non da anni, per le piccole e antiche fabbriche di sapone ormai passano pochi acquirenti e rarissimi turisti. Il pericolo di improvvise incursioni di unità speciali dell'esercito israeliano, a caccia di giovani militanti dell'Intifada nascosti nella città vecchia, contribuisce a tenere la gente lontana dalla parte più caratteristica di Nablus. Che la mancanza di sicurezza, i raid israeliani e, naturalmente, la chiusura totale del centro abitato, siano la causa principale della crisi della città ne sono tutti convinti. A cominciare da Basel Kanan, il presidente della Camera di Commercio. «L'ultima incursione israeliana, tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo (che secondo il portavoce militare ha portato alla scoperta di laboratori di ordigni esplosivi, ndr), ha causato perdite economiche per un milione di dollari al giorno. Circa 150 negozi hanno ricevuto danni per 400mila dollari», ci dice Kanan sottolineando che commercianti e imprenditori lasciano la città per trasferirsi in centri abitati più piccoli, dove i raid israeliani sono meno frequenti e c'è una maggiore libertà di movimento.
L'Ocha, l'ufficio di coordinamento per gli affari umanitari dell'Onu, ha calcolato che nel 2006 check-point e blocchi stradali sono aumentati del 40% rispetto all'anno precedente, arrivando a toccare la cifra record di 528. Un gran numero di questi ostacoli sorge proprio intorno a Nablus. Qualsiasi abitante maschio, di età compresa tra i 16 e i 35 anni, non può andare da Nablus al centro o al sud della Cisgiordania.
L'Ocha tenta di mediare con le autorità militari, nella speranza di allentare la pressione su Nablus e migliorare la vivibilità in Cisgiordania. «La frammentazione del territorio è in continuo aumento - spiega Tom Shearer, un funzionario dell'agenzia dell'Onu - la Cisgiordania è stata divisa in tre aree - nord, centro e sud - e per i palestinesi diventa sempre più difficile andare da una zona all'altra. Le attività quotidiane ne risentono molto. Il numero dei posti di blocco è aumentato progressivamente, anche nelle fasi in cui la situazione generale era più tranquilla e non si registravano atti di violenza particolari».

Da Il Manifesto